venerdì 1 gennaio 2010

Aldo Gerbino


Aldo Gerbino è nato a Milano (1947). Vive a Palermo. Ha pubblicato in poesia: “Sei poesie d’occasione” (Sintesi, Palermo 1977); “Stazione di servizio” (Quaderni di Estuario, Palermo 1978); “Maraldo” (I poeti del Gufo Trombettiere, Monreale 1980); “Appunti per una donna” (Il Vertice, Palermo 1981); Campo di vista (Il Vertice, Palermo 1983); “Cartigli” (Bastogi, Foggia 1987); “L’arciere” (Ediprint-Lombardi, Siracusa 1994). Autore per la RAI de “Il tempo della terra ” (12 puntate radiofoniche, 1985), per le edizioni Sciascia (Caltanissetta-Roma) ha pubblicato: “La corruzione e l’ombra” (1990); “Nubi a Palermo” (1994); “Le ferite del vetro” (1997); “ Gessi” (in coedizione con Scheiwiller, 1999); Wasf (2000); “Sicilia, poesia dei mille anni” (2001); “Il nuotatore incerto” (2002); “Legami” (2003). Per EuroEditor (Lussemburgo): “Le ore delle nubi” (1989). “Les rites des ténèbres” (1990); per la Nuova Ipsa (Palermo): (cura) Giacomo Giardina, “La corona di latta, scritti 1928-1980” (1995), e, per l’editore Novecento (Palermo): “Del sole della luna dello sguardo” (cura della ‘Vita’ con ‘Antologia poetica’ di Antonio Veneziano); “Il coleottero di Jünger” (1995, Premio Marsa-Siklah) e “Ingannando l’attesa” (1997, Premio Latina ‘il Tascabile’); per la casa editrice Spirali (Milano): “Non farà rumore”; “Sull’asina, non sui cherubini e Attraversare il Gobi” (1998; 1999; 2006); per Scheiwiller (Milano): “Presepi di Sicilia” (1998); per Libroitaliano World (Ragusa): “Il collettore di acari” (2008).
Altre pubblicazioni, tra le antologie: “Terra impareggiabile” (ARS, 1997), “Parola sacra, parola devota” (CIE, Palermo 2004) e “Orto di rose e fiori” (Plumelia, 2007); tra i manipoli di testi poetici: “Appunti ucriesi” («Galleria», Sciascia, 1995); “Un pomeriggio gentile, Acque” («Nuovi Argomenti», Mondadori, 2003); “Trittico per pittori, Fuliggine” («Gradiva», New York 2006); “Undici poesie recenti” (scelte da Elio Pecora, «Pagine», Roma 2006). Tra le numerose cure di rassegne d’arti figurative si sottolineano: “L’Isola dipinta” (Palazzo del Vittoriano, Roma 1998; “Etiam Coelo” (Sciascia, 2000); per Sensi umani, “Omaggio a Mariano Rossi 1731-1807” (Palermo, Plumelia, 2006); “nel Corpo, nel Paesaggio” (Palermo, Plumelia, 2008), e gli studi monografici su artisti contemporanei: “Alfonso Amorelli, Ugo Attardi, Emanuele Franceschini, Tono Zancanaro, Orfeo Tamburi, Turi Sottile, Bruno Caruso, Gianbecchina, Pippo Gambino, Lino Tardia, Ernesto Tavernari, Gaetano Lo Manto, Ercole Pignatelli, Giuseppe Modica, Franco Mulas, Ibrahim Kodra, Pedro Cano, Enzo Nucci, Candiano, Lanfranco Quadrio, Salvatore Provino (etc.).
Recenti i saggi su “Benvenuto Cellini e Michail K. Anikushin” (Milano, Spirali, 2006).
Il suo ‘lavoro’ figura, inoltre, in antologie di testi e critica, saggistica, trattatistica (Mursia, EuroEditor, Bulzoni, Spirali, Sciascia, Novecento, Scheiwiller, Palombi, Electa, Loescher, Longo, San Paolo, Lombardi, Editalia, ERI, Città Aperta, Masson, Idelson, Edises, Jaca Book, Franco Maria Ricci, Cesati, ElleArte, Plumelia, Palumbo, Libridine, Editori Riuniti, Sellerio, Flaccovio, Charta).

POESIE


Il tumore della corteccia


Geme il tumore sulla corteccia
il mantellino rosso porpora
del micete
la mano che coglie
la spicola dolente
la sorpresa della morte
già attaccata
alla tua pelle di porfido.

(da Ingannando l’attesa, Novecento, Palermo 1997)



Da Ninive


Da Ninive giungono corpi senza vita
fragilmente sospinti dalle acque.
Il mare li avvolge,
ancora in quel loro cupo destino
mentre abitano indifesi
le ampie tuniche chiare.
Portatori di copricapi tenaci
sembrano flettersi
ai vortici laminanti delle code ittiche
in un turbinare sordo e antico.

Da Ninive, non un suono di battaglia.
Non un refolo di sangue,
nessuna pietà o amore.
La voce di ciò che fu il loro Dio appare piatta:
qualche plica in un rilievo opaco,
un cristallo del tempo che non riluce,
sibilo che non più trafigge.

(da “Sull’asina, non sui cherubini”, Spirali, Milano 1999)



Eccomi, impervia metafora


Eccomi, impervia metafora del mondo,
soffio del mare, del noi,
effimera consapevolezza del sé. Mia moglie brucia,
con incompresa ostinazione, la sua pelle chiara al sole sbiadito;
il figlio dorme con la città al folgorato squittio di Silvia:
tra amici, pietre, licheni, denti aguzzi di volpi, trappole,
il tutto nell'apparente ebbrezza del non morire.

(da Il nuotatore incerto, Sciascia, Caltanissetta-Roma 2002)


Corpi ornitologici

Per fremiti e notturni bisbigli si nutre
l'agile cuore delle due rondini addormentate
sotto un balcone sambucese.
L'aria densa s'è sciolta sul nostro manipolo
di guerrieri senz'armi, raccolto nel volo
di tortora attraverso la guglia ferita
della grande chiesa, del vasto bótro.
Di noi tutte creature animali, non una notizia
precisa; (che so) un chiarimento sul nostro destino,
un cenno amichevole di conforto, un'occasionale
stretta di mano. Per noi, torpore d'un vuoto
emerso dalla crudeltà del quartiere saraceno.
Questo zampillo d'acqua inesistente fa vivere
la nostra memoria, l'assenza dolorosa
nell'attesa che tutto possa cambiare.
Il mutamento, ora, trapassa i due minuti corpi
ornitologici, ignari dei nostri pensieri.
Mutamento di ben poca consistenza,
appena di fragile incontro di carni, di ombre fioche.

Sambuca di Sicilia, 7 agosto 1999

(da Il nuotatore incerto, Sciascia, Caltanissetta-Roma 2002)

Ricordo di mio padre

"Ogni alito di brezza era cessato e nell'aria
era rimasto uno strano stupore"
(Giani Stuparich, da L'isola, 1942)


Quale accordo, pianto. onda squamosa di mare
prossima al torrente secco, oleandrico, rimanda
il tuo pianto improvviso, inatteso a te stesso,
per far riemergere, spuma sottile e infida,
l'allora ignota paura della morte?
Nell'incomprensione di quanto accadeva, non io,
giovane frequentatore di anatomiche architetture,
potevo capire, intuire. Ed ecco un giorno, così,
inatteso commensale, ti siedi, ancora una volta,
accanto a me (non chiamato) a parlare quietamente
a discutere del bianco e del nero; e dire sì, no
e chiudere e aprire gli occhi
e nuotare col tuo costume di lana verde e cintura bianca
in acque dove si son forgiate armi divine
e sorridere, nel tempo, della nostra reciproca sorpresa.

Palermo, 19 agosto 1999

(da Il nuotatore incerto, Sciascia, Caltanissetta-Roma 2002)



Scia

Null’altro che una piega d’acqua
il corpo del delfino, quello raggomitolato
d’uno sconosciuto, dalla faccia enfia
dalle orbite prive d’occhi.
E sul destino del disperso la sua scia molle
avvolge ciascuno di noi
senza preavviso; improvvisamente
il colare a picco segna il nostro nuovo
passo incerto, di fanciullo,
di anima morta.

Palermo, 2001

(In: «Nuovi Argomenti», Mondadori, Milano 2003)



Attraversare il Gobi

Non è molta la strada che serve da riscatto
a noi imputati da Dio. Il serpente, d’altronde,
è già sulle nostre tracce: dal Pamir alla Manciuria
come dire, dall’inizio alla fine.
Eppure queste plaghe sabbiose, fangose
quest’incontro di rettili, ci attirano nell’enorme lastra
di pietra, posta sulle ossa dei grandi sauri.
Ma anche delle piccole scaglie di foraminiferi,
appena dissepolte nel loro riposo planospirale
per quell’essere aguzza lancia, anulare pensiero,
incavate in orbite dolenti, mostrano
quanto di noi c’è nel loro respiro, materia, letto.

(da “Attraversare il Gobi”, Spirali, Milano 2006)


Didone

Il rogo che brucia questo mio corpo
prese fuoco dalla fragile e impietosa
mia anima. Io divina,
ma dal cuore distratta, dal cuore recisa.

(da “Attraversare il Gobi”, Spirali, Milano 2006)



Sonagli
Per Francesco

All’insegna della passione
vibra lo scudiscio del segno.
Ecco il marchio dell’esistenza
a cerchiare il tuo sguardo.
Ora: quieto e profondo
lacerato e solo, assorto e muto
si scuote il covo dell’arte
tra cocci, nastri, sonagli.

(Inedito)

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