venerdì 1 gennaio 2010

Giovanni Lombardo


Giovanni Lombardo è nato a Marsala (1940). Ha conseguito la Laurea in lettere presso l’Università di Palermo. È stato Docente di lettere e Preside nelle scuole medie superiori di secondo grado. Per circa 25 anni ha fatto anche il sindacalista e questo fu il suo contributo personale a quello che oggi chiamano volontariato. Dopo una vita da cattolico di sinistra, conciliare (nel senso di Concilio Vaticano II) e terzomondista, dal 1994 ha aderito alla chiesa evangelica valdese. Negli anni ’80 è stato particolarmente impegnato negli “Incontri fra i popoli del Mediterraneo”, organizzati a Mazara del Vallo dal poeta Rolando Certa. Ha fatto parte dell’Antigruppo siciliano, attivo fra poeti e scrittori, negli anni ’70 e ’80. Ha pubblicato (poesia):
"Il cammino del cuore", Trapani 1962, Gabri, Firenze 1967, "Il Giardino di Marianna", Brescia 1977. Quest’ultima pubblicazione raccoglie, prevalentemente, quelle che allora venivano chiamate “poesie di strada o poesie-volantino”.
Sue poesie, tra l’altro, sono state pubblicate nelle antologie Gli eredi del sole( Palermo 1987), Equivalencias – rivista internazionale di poesia – (Madrid 1987), nelle riviste “Impegno80” e “Collettivo R”. I suoi testi, sono messi in circolazione, ancora oggi, come volantinaggio durante alcune manifestazioni di particolare rilevanza politico-culturale, e si trovano sia su varie riviste che sul web www.vivoacitillo.it. Come autore sine nomine è presente in "Compagni di strada caminando" (Edizioni Riccardi- Quarto – NA – , 2003).

POESIE


POESIA E NUMERI



































Aria pura aria aria

Tutti serii, orripensanti, bravi
Sempre chiusi, superblindati, gelo
La nostra motrice strascicava paraninfoidi.

Aria aria aria aria

Mentre furti indisturbati noti
Mentre ladri onnipotenti gonfi
La gente votava pescecani rimbecillita
“eguali davanti alla legge”
“pari dignità sociale”
“doveri inderogabili di solidarietà”
ah ah ah ah ah !

Neri patti hanno fatto sempre
Il tuo sì gli dà tracotanza
E mafia sostiene materiale Costituzione
“fondata sul lavoro”
“pieno sviluppo della persona umana”
ah ah ah ah ah !

GLADIO NATO FONDI NERI P2
Se non vien su lì pulizia
I vecchi padroni torchieranno disoccupati
“l’Italia ripudia la guerra”
“l’Italia tutela il lavoro”

aria aria aria pura bisturi
Spacca porte d’oro/furto il voto
Massoni, mafiosi, ladroni, gladiosi stragisti
Improvviso cittadini riannodarsi governanti
“i giudici soggetti soltanto alla legge”
“l’Italia tutela il lavoro”

aria pura aria aria
Ora siamo rimescolati nuovi
Sporchi, tristi, conniventi ieri
E dura scalata riconquista Costituzione
“pari dignità sociale”

Marsala 18 marzo 1993


Ozonaddio

Quel pomeriggio che si aprirà il cielo
non verrà mai
non sarà così teatrale la natura
come il Padreterno del Medioevo padano
come l’apocalisse nucleare.

Quel pomeriggio che mi si squamerà la pelle
dell’avambraccio sinistro
fuori la portiera mentre guido
guarderò sorpreso le cellule in fuga
e porterò il mio arto dal dermatologo.

Quel pomeriggio che aprirò gli occhi sulle grinze
sulla faccia vecchia dei nostri bambini
dalle mie ossa ti lancerò un saluto
e un invito all’ultima passeggiata.

Fermeremo lontano da terra la nostra barca
nella lunga mezzaluna di schiuma
sporca marea di alghe furibonde abbordanti
nelle acque morte di pesci
lontano da ulivi disseccati e prati melmosi.

Fermeremo i nostro orologi quel pomeriggio
raccoglieremo amorosi tra le nostre dita
i nostri spray multicolori
l’ultimo fiato leggero delle nostre comodità
esalerà verso l’alto
la grande Corporation avrà vinto la scommessa
sul suo immenso bilancio in attivo.

Allegri fra le alghe
profumando questi nostri resti di corpi
fermeremo quel pomeriggio.


L’attentato al Giudice Palermo


Cerco di scrollarmi
gli oggetti frantumati e dispersi
per centinaia di metri di raggio.

Non voglio vedere il sangue
conficcato al muro della casa.

Una frustata-laser ha inciso
l’urlo nudo.

Denti viola si piantarono
nelle brune cosce di Sicilia.

Erroneamente vivo
il giudice giocava coi gabbiani
sui frangiflutti della tramontana
e senza scorta passeggiava accanto
a Pio La Torre sopra il mare piatto
trasparente ed algoso.

Fra le dita sciolte nell’aria
Pio raccoglieva cristalli
mentre affondava lento
fra le vivide alghe sott’acquatiche.

Dalla sua altezza superstite il giudice
guardava il comunista
e la sua faccia era sgomento.
La montagna di sale
alle sue spalle
s’accostava veloce.

Doppiopetti blu grigi gessati
svuotavano coffe
e coffe di sale
sempre più alto
attorno attorno al giudice.

Con il suo volto fatto solo d’alghe
Pio La Torre guardava la montagna
la montagna di sale.

I gomiti affondati nella sabbia
la faccia incastrata fra le palme
guardo quella mano appena nata
che si solleva lenta da quel sale.
Sulle verdi dita spalancate
gli uccelli beccano tranquilli.

21/9/1986

TRITTICO 2009

Terra e mare

Naufragii

Le mie rocce si muovono ogni tanto
scuotono muri e fianchi di montagne

Scorrono le mie masse trasparenti
lavo al vento le barche e le scogliere

Gli uomini impassibili, imparziali
tra i crolli uccidono e i naufragii


Cadaveri

Sono macerie e cementizii sfasci
funerali di Stato e telepianti

A testa china bevono quel mare
cullati e divorati e infine spersi

Il sole ride sopra questo globo
e microbici uomini affannati


Traccheggiando

Questi attracchi di morte si distendono
a forma di stivale fra i marosi

Piatiscono consensi traccheggiando
con vivimorti e offrendo culi e soldi

Gioca chiuso il bambino nella casa
formattato per furti e sfruttamento

Marsala 23 aprile 2009


I passerotti carnivori
Modena, 14 giugno 2007

I 5 piccoli passeri ondeggiano
vibrano striminzite nervature di ali
l’inforcatura a tre rami chiude bene il nido
vola il falco ad ali ferme ad ampi cerchi
ora vicini ora lontani.
Dice il riccio dal profondo del cespuglio, ecco
ora li sbrana e per oggi sta quieto.
Dice la cornacchia dalle foglie che l’occultano,
tre giorni sono che vola sopra il nido.
E cinciallegra saltella accanto al riccio
qua e là zippando la vispa testa,
ho provato a portargli su un vermino
e un colpo d’ala stridette su di me,
precipitai come perdessi l’aria e il tuo cespuglio
mi rise per caso attorno.
E il quarto giorno passa
E il quinto giorno giunge al meriggio

E uno dei passeri smettendo l’urlo quasi muto verso il falco
scaglia il becco sul collo spiumato del vicino.
Anche l’altro prova il rosso collo.
Gli altri due cessano l’urlo verso quel cielo
senza voli d’uccelli altri
e osservano le beccate violente poi
si volgono e colpiscono.
Dice la lepre, che orrore, mai s’è visto un nido così affamato.
Dice la volpe, cominciano a capire
dove davvero stanno i buoni sapori.
Dice il nibbio dall’alto del gran cedro, è un buon inizio
né altri alimenti darà il falco.

Formiche

Berbaro, 23 novembre 2007

Mi chiedo perché.

Nera snella liscia lenta vibrante
sulla terra senza erba, battuta
e mi fermo attento, sovrastante.
Dove porta questa paglia? Sperduta?

Tiene rotta dritta, rotto sentiero
Piede presso, scarpa alta, nemica
E non cala sonora, tuttonero.
Lascio vada, sola, agile. Formica.

Mi chiedo perché

Niente freno, niente pena, deciso
sulla massa nera, viva. Formiche.
E si spande gioioso insetticida.
Morte tutte, molle macchia. Ortiche.

E mi chiedo perché.

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