venerdì 1 gennaio 2010

Tommaso Romano


Tommaso Romano è nato a Palermo (1955). Ha pubblicato:
“ Rime Sparse ”, 1969; “Tradizione x Futurismo ”, 1980; “L'isola Diamascien ”, 1985; “Sinfonietta di un giorno d'agosto ”, 1990; “Eremo senza terra ”, 1993; “17 Poesie — Opera 466 ” (con Franco Mannino), 1995; “L'Anacoreta occulto ”, 1996; “Futuro eventuale ”, 2002; e tra i saggi: “Scheg¬ge di saggezza di Lucio Anneo Seneca ”, 1980; “Umanesimo e socialità ”, 1980; “Ermes o della comunicazione ”, 1989; “Il Cristo di ogni giorno ”, 1993; “Finestra sul Cassaro ”, 1996; “Pellegrino al Pellegrino ”, 1998; “Tor¬re dell'Ammiraglio ”, 2002; “Oro del mosaico ”, 2004; “L’illimite sorte ”, Spirali, Milano, 2004.


POESIE


Contumacia


Ho amato l'amore
di simboli barocchi
che m'illusi conoscere.
Ho fatto di stracci metafisiche bandiere
rincorrendo approdi di conoscenza
per la strada gelida
fra vicoli e scorciatoie,
la croce sul Tabor come spada
disprezzando, odiando e commiserando
ho costruito cattedrali d'orgoglio
e fogli bianchi d'affanno e lamento
di lettere scritte e mai spedite.

La mia solitudine
una canzone di Ferrè mille volte ripetuta
un pezzo di piombo
miraggio di immortalità,
qualche poeta maledetto
nostalgie di memorie perdute
vecchie stampe e fiabe sui castelli
carta su carta
di mistici, filosofi e sapienti...
Ilo anche parlato, godendomi
e ascoltato... e generato per non estinguere.

Spesso sono fuggito in contumacia
qualche volta incatenato alla noia
— apprendista eremita —.

Ho aspettato, pregato e pensato
— eresie, lebbra e profezie —
ricomponendo esausto
ogni giorno
frammenti di esistenza mortale
in attesa d'eterna, sacra quiete.

(Da: “L’illimite sorte”, Spirali, Milano, 2004)




Estate

a mia madre



D'estate
noi s'andava
a Buonfornello
chilometri di sole
e fanciullezza.
Il tempo lungo
cardi e terra segnata
silenzi tra le parole del mare
e ciotoli
levigati dal tempo
terrazze grandi di rossa terracotta
di luce siciliana
e di stelle infinite,
cocomeri nel pozzo,
don Totò, zu Pavolo che dorme sempre,
'Ntonia colore oliva
e faccia segnata ad arcipelago.
Al primo piano
un'infinita chiacchiera:
Maria patriarca,
Bina stizzita,
Bice a ottant'anni bambina,
noi...
e Paneperso, un cane.
Buonfornello di Campofelice vicina
è la stagione
della mia estate ormai perduta.

(Da: “L’illimite sorte, Spirali, Milano, 2004)



Assenze imperdonabili



Incenso tridentino
al barocco solenne
d'arabeschi d'oro
ai teatini in marmo
nell'immobile tempo sacro
luci senz'abbaglio
fra le possenti colonne
con Cristina Campo
l'attesa liturgica
del canto gregoriano
assente,
ingiustamente.


25 maggio 2002

(Da: “L’illimite sorte”, Spirali, Milano 2004)


Mio padre...



Mio padre mi portava
a San Giuseppe
a siggere gli affitti
di case per uomini
muli e vacche
un anno di ritardo
pagherò ppa vinnigna
o ppu furmentu
fra mosche sazie
di sterco/crottin/bouse
e letame
fichi secchi
ficu r'innia
pietromax
e un vacili cu l'acqua
pi lavarisi.

Baciamo le mani, Avvocato,
e giù in fretta
il servizio da Roccamena
suona
per Palermo.

(Da: “L’illimite sorte”, Spirali, Milano, 2004)



La porta del Sole


Dopo Bisanzio
la Porta del Sole
accolse fra prati di fave e margherite raggianti
pellegrini di umiltà e orgoglio
al richiamo di sirene diafane
e di plumbee silfidi;
cominciarono a danzare gli gnomi
al suono di arpe islandesi
e le salamandre celtiche
giocarono con i cigni ai tarocchi.
Lievemente si chiuse
la porta del sole
e la notte inondò di sé i campi:
arcane magie babilonesi,
draghi maestosi e ippogrifi ubriachi
cavalcarono i pellegrini dormenti volando
tra i labirinti del sogno
verso le rive d'Acheronte
dove maestosa s'aderge la fine
solvendo paziente
i ruvidi scheltri raccolti.

(Da: “L’illimite sorte”, Spirali, Milano, 2004)

Lentamente



E lentamente
ritrovare chiarore
obliato nelle brume imprigionate
ancora un trepido velo
un impalpabile soffio di colori,
riprendeva l'alba del cosmo
assaporando il pulviscolo stellare
e il senso dello svelamento
all'infinito orologio del Tempo,
ripetizione differente,
variabile.

(“Da: “Cinque poesie”, Palermo 2006)


La disfatta



La disfatta
sui volti
(d'una metropoli
assolata d'inverno)
arresi alla vita
smarriti, pigiati
in un lungo tram
senza desideri
aggrappati a sopravvivere
stanchi
aspiranti
al fondo
dell'ultima fermata
senz'inganni.

(“Da: “Cinque poesie”, Palermo 2006)

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